“Per fare un tavolo ci vuole il legno..” Sono queste le parole di una delle prime canzoni che ho imparato da bambino. Una canzone che conosciamo tutti e che durante la nostra infanzia ci ha insegnato una grossa verità, cioè che per fare tutto ci vuole un fio-o-re. Potrebbe bastare l’aver espresso per primi questo concetto per meritarsi lo spazio in un blog che parla di mitezza. Ma c’è molto altro in Gianni Rodari.
In questo Aprile 2020 dove purtroppo si contano numerosi morti anche tra i nomi illustri, come Luis Sepulveda, scomparso qualche giorno fa proprio per il Coronavirus, c’è spazio per ricordare anche l’anniversario di personaggi del recente passato. Tra questi Gianni Rodari, che viene proprio accostato a Sepulveda da Pino Boero, professore ordinario alla facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Genova. Entrambi, dice, sono personaggi straordinari.
Entrambi nati ad ottobre (Rodari il 23 ottobre 1920, in Piemonte; Sepulveda il 4 ottobre 1949 in Cile), entrambi morti in aprile (Rodari il 14 aprile 1980 a Roma, Sepulveda il 16 aprile 2020 a Oviedo). Entrambi giornalisti, scrittori e poeti. Entrambi sono passati dai circoli comunisti, entrambi sono accostati alla letteratura per bambini e dai libri di entrambi sono stati tratti film di animazione. Ma le loro vite, il loro modo di militare negli spazi politici e il loro contributo letterario è molto diverso. E’ di Gianni Rodari che parleremo in queste righe.
Biografia breve di Gianni Rodari
Figlio di un fornaio, a 9 anni Gianni Rodari si trovò orfano di padre e col fratello minore e la madre si trasferiscono nella casa materna in provincia di Varese. Dopo qualche anno in seminario si iscrive alle magistrali e a 17 anni è già maestro. Insegnò in diversi comuni di Varese ma solo durante la Seconda Guerra Mondiale vince il concorso da maestro. Nonostante fosse stato esonerato inizialmente dal servizio militare per motivi di salute, venne richiamato per militare nella RSI che però abbandonò per entrare in clandestinità nella Resistenza Lombarda e nel Primo Maggio 44 si iscrive al PCI.
Dopo la fine della Guerra inizia la carriera giornalistica, arrivando anche a L’Unità di Milano dove cura “La domenica dei piccoli”. Trasferitosi a Roma nel 1950 fonda il giornale per ragazzi “Il Pioniere” e “Avanguardia”, il settimanale nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana. In questi anni si sposa e ha una figlia, torna a scrivere per l’Unità e produce numerose pubblicazioni. A dicembre 1958 passa al quotidiano Paese Sera dove scriverà anche sotto il celebra pseudonimo Benelux,, collabora con Rai e BBC e intensifica le sue collaborazioni legate alla pedagogia e alla letteratura per bambini.
Questo lavoro sfocerà prima nel 1970 con il premio letterario internazionale Hans Christian Andersen, detto il “Piccolo Premio Nobel” della narrativa per l’infanzia, conferito come riconoscimento a un «contributo duraturo alla letteratura per l’infanzia e la gioventù» (unico italiano ad averlo vinto) e poi nella pubblicazione di “Grammatica della Fantasia – Introduzione all’arte di inventare storie”, capolavoro pedagogico indirizzato a insegnanti, genitori e animatori che incorona non solo il profondo studio dell’attività didattica di Rodari ma anche la folta produzione di letteratura per ragazzi fatta di libri, racconti, poesie, filastrocche ormai divenuti dei classici in Italia e all’estero.
Morale della favola “Rivoluzione” di Gianni Rodari
Ma torniamo sulla questione principale: perché Gianni Rodari è un mite rivoluzionario?
Che sia mite come persona lo scopriamo dalle parole del padre dello scrittore contemporaneo Davide Orecchio, che di Rodari fu collega. Scrive nel giorno dopo la morte:
“Abbiamo perduto un uomo di cui rischia di non esistere più lo stampo (…) Non era tanto il grande poeta, il grande favolista, l’esemplare giornalista da tutti ammirato, quanto e soprattutto un uomo semplice dal cuore grande perché capace di esprimersi con modestia, sia nello scrivere che nel vivere. (…) Piango (…) l’uomo che contemporaneamente portava fino all’estremo limite di virtù, di solidarietà, di affettuosa e tenace resistenza, la sua umile volontà di comunicare con la gente”
E sappiamo che del comunicare alla gente fu maestro, soprattutto coi bimbi e bimbi nei grandi. E già forse questa arte, l’arte di prendersi cura della crescita dei cuccioli d’uomo, andrebbe classificata come uno dei mestieri dell’uomo mite per eccellenza, tanto vicino all’evangelico “Se non ritornerete come bambini…” che a sua volta è vicino al “Beati i poveri in spirito” e quindi “Beati i miti”. Ma nello scavare a fondo nell’opera del Rodari ci si imbatte in una favola che incarna il significato del nostro essere Mite Rivoluzionario.
La favola in questione è appunto Rivoluzione.
Ho visto una formica
in un giorno freddo e triste
donare alla cicala
metà delle sue provviste.
Tutto cambia: le nuvole,
le favole, le persone …
La formica si fa generosa …
E’ una rivoluzione.

In questa favola c’è tutto. C’è il senso di questo blog. C’è un manifesto socio-politico. C’è l’importanza di inventare una storia e immaginare un mondo diverso. Perché il mondo in cui viviamo non potrà mai cambiare se non impariamo (e non insegniamo) a immaginare qualcosa di diverso, che esce dalla consuetudine. Forse l’uomo formica resterà sempre uno stacanovista sapiente. Forse l’uomo cicala rimarrà sempre un fannullone imprudente.
[Non apro qui una parentesi sull’importanza della musica della cicale per la formica e dell’arte in genere perché non è questo il focus della questione. Potremmo costruire numerose variabili e dover cambiare continuamente il nostro punto di vista, come d’altronde fa lo stesso Rodari quando scrive “Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l’avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala”.]
Tuttavia se uno dei due iniziasse a immaginare cosa succederebbe se per una volta uscisse dal proprio seminato, da ciò che è stato sempre fatto, con un gesto di amore, di amicizia, di rispetto incondizionato e disinteressato, allora ecco che tutto potrebbe assumere nuovi colori, aprire nuove strade, creare un mondo nuovo. Questa è la rivoluzione dei miti. Una rivoluzione che non fa rumore se non quello di una porta che si apre, di un pasto consumato insieme, di un “grazie” sussurrato col sorriso. Ma ho sbagliato a parlare di un gesto disinteressato. Al contrario, alla base deve esserci un gesto interessatissimo; un gesto che nasce dall’interesse per l’Altro, per mio Fratello, per il suo Bene. Impariamo da Rodari a immaginare un mondo diverso, con gli occhi di un bambino .
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