Come inventare una storia ovvero chi è Gianni Rodari

“Per fare un tavolo ci vuole il legno..” Sono queste le parole di una delle prime canzoni che ho imparato da bambino. Una canzone che conosciamo tutti e che durante la nostra infanzia ci ha insegnato una grossa verità, cioè che per fare tutto ci vuole un fio-o-re. Potrebbe bastare l’aver espresso per primi questo concetto per meritarsi lo spazio in un blog che parla di mitezza. Ma c’è molto altro in Gianni Rodari.

In questo Aprile 2020 dove purtroppo si contano numerosi morti anche tra i nomi illustri, come Luis Sepulveda, scomparso qualche giorno fa proprio per il Coronavirus, c’è spazio per ricordare anche l’anniversario di personaggi del recente passato. Tra questi Gianni Rodari, che viene proprio accostato a Sepulveda da Pino Boero, professore ordinario alla facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Genova. Entrambi, dice, sono personaggi straordinari. 

Entrambi nati ad ottobre (Rodari il 23 ottobre 1920, in Piemonte; Sepulveda il 4 ottobre 1949 in Cile), entrambi morti in aprile (Rodari il 14 aprile 1980 a Roma, Sepulveda il 16 aprile 2020 a Oviedo). Entrambi giornalisti, scrittori e poeti. Entrambi sono passati dai circoli comunisti, entrambi sono accostati alla letteratura per bambini e dai libri di entrambi sono stati tratti film di animazione. Ma le loro vite, il loro modo di militare negli spazi politici e il loro contributo letterario è molto diverso. E’ di Gianni Rodari che parleremo in queste righe.

Biografia breve di Gianni Rodari

Figlio di un fornaio, a 9 anni Gianni Rodari si trovò orfano di padre e col fratello minore e la madre si trasferiscono nella casa materna in provincia di Varese. Dopo qualche anno in seminario si iscrive alle magistrali e a 17 anni è già maestro. Insegnò in diversi comuni di Varese ma solo durante la Seconda Guerra Mondiale vince il concorso da maestro. Nonostante fosse stato esonerato inizialmente dal servizio militare per motivi di salute, venne richiamato per militare nella RSI che però abbandonò per entrare in clandestinità nella Resistenza Lombarda e nel Primo Maggio 44 si iscrive al PCI. 

Dopo la fine della Guerra inizia la carriera giornalistica, arrivando anche a L’Unità di Milano dove cura “La domenica dei piccoli”. Trasferitosi a Roma nel 1950 fonda il giornale per ragazzi “Il Pioniere” e “Avanguardia”, il settimanale nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana. In questi anni si sposa e ha una figlia, torna a scrivere per l’Unità e produce numerose pubblicazioni. A dicembre 1958 passa al quotidiano Paese Sera dove scriverà anche sotto il celebra pseudonimo Benelux,, collabora con Rai e BBC e intensifica le sue collaborazioni legate alla pedagogia e alla letteratura per bambini. 

Questo lavoro sfocerà prima nel 1970 con il premio letterario internazionale Hans Christian Andersen, detto il “Piccolo Premio Nobel” della narrativa per l’infanzia, conferito come riconoscimento a un «contributo duraturo alla letteratura per l’infanzia e la gioventù» (unico italiano ad averlo vinto) e poi nella pubblicazione di “Grammatica della Fantasia – Introduzione all’arte di inventare storie”, capolavoro pedagogico indirizzato a insegnanti, genitori e animatori che incorona non solo il profondo studio dell’attività didattica di Rodari ma anche la folta produzione di letteratura per ragazzi fatta di libri, racconti, poesie, filastrocche ormai divenuti dei classici in Italia e all’estero.

Morale della favola “Rivoluzione” di Gianni Rodari

Ma torniamo sulla questione principale: perché Gianni Rodari è un mite rivoluzionario?

Che sia mite come persona lo scopriamo dalle parole del padre dello scrittore contemporaneo Davide Orecchio, che di Rodari fu collega. Scrive nel giorno dopo la morte:

“Abbiamo perduto un uomo di cui rischia di non esistere più lo stampo (…) Non era tanto il grande poeta, il grande favolista, l’esemplare giornalista da tutti ammirato, quanto e soprattutto un uomo semplice dal cuore grande perché capace di esprimersi con modestia, sia nello scrivere che nel vivere. (…) Piango (…) l’uomo che contemporaneamente portava fino all’estremo limite di virtù, di solidarietà, di affettuosa e tenace resistenza, la sua umile volontà di comunicare con la gente”

E sappiamo che del comunicare alla gente fu maestro, soprattutto coi bimbi e bimbi nei grandi. E già forse questa arte, l’arte di prendersi cura della crescita dei cuccioli d’uomo, andrebbe classificata come uno dei mestieri dell’uomo mite per eccellenza, tanto vicino all’evangelico “Se non ritornerete come bambini…” che a sua volta è vicino al “Beati i poveri in spirito” e quindi “Beati i miti”. Ma nello scavare a fondo nell’opera del Rodari ci si imbatte in una favola che incarna il significato del nostro essere Mite Rivoluzionario.

La favola in questione è appunto Rivoluzione.

Ho visto una formica

in un giorno freddo e triste

donare alla cicala

metà delle sue provviste.

Tutto cambia: le nuvole,

le favole, le persone …

La formica si fa generosa …

E’ una rivoluzione.

La cicala e la formica Gianni Rodari
By Richard Bartz, Munich aka Makro Freak – Own work, CC BY-SA 2.5

In questa favola c’è tutto. C’è il senso di questo blog. C’è un manifesto socio-politico. C’è l’importanza di inventare una storia e immaginare un mondo diverso. Perché il mondo in cui viviamo non potrà mai cambiare se non impariamo (e non insegniamo) a immaginare qualcosa di diverso, che esce dalla consuetudine. Forse l’uomo formica resterà sempre uno stacanovista sapiente. Forse l’uomo cicala rimarrà sempre un fannullone imprudente. 

[Non apro qui una parentesi sull’importanza della musica della cicale per la formica e dell’arte in genere perché non è questo il focus della questione. Potremmo costruire numerose variabili e dover cambiare continuamente il nostro punto di vista, come d’altronde fa lo stesso Rodari quando scrive “Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l’avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala”.]

Tuttavia se uno dei due iniziasse a immaginare cosa succederebbe se per una volta uscisse dal proprio seminato, da ciò che è stato sempre fatto, con un gesto di amore, di amicizia, di rispetto incondizionato e disinteressato, allora ecco che tutto potrebbe assumere nuovi colori, aprire nuove strade, creare un mondo nuovo. Questa è la rivoluzione dei miti. Una rivoluzione che non fa rumore se non quello di una porta che si apre, di un pasto consumato insieme, di un “grazie” sussurrato col sorriso. Ma ho sbagliato a parlare di un gesto disinteressato. Al contrario, alla base deve esserci un gesto interessatissimo; un gesto che nasce dall’interesse per l’Altro, per mio Fratello, per il suo Bene. Impariamo da Rodari a immaginare un mondo diverso, con gli occhi di un bambino .

E tu che ne pensi? Scrivilo nei commento sotto o nel form di contatto qui a sinistra.

“Beati i miti” ovvero perché un blog sui Miti Rivoluzionari

Una delle pagine più belle del Vangelo è indubbiamente quella delle Beatitudini. Sin da piccolo trovavo potentissime queste parole che mettono l’uomo di fronte a una prospettiva ultraterrena, stimolandolo a guardare ogni azione del quotidiano come un passo verso la felicità più vera. Tra tutte però, c’è sempre stata una Beatitudine che se da una parte mi lasciava un gigantesco punto interrogativo, dall’altra era capace di attirarmi come un magnete: Beati i miti…

Ti sei mai interrogato sul significato di mitezza? Cosa vuol dire nel Vangelo "Beati i miti"?
Foto di Lukáš Rychvalský

La mia Beatitudine preferita

Mentre indagavo il significato delle beatitudini scoprivo che mentre alcune le sentivo profonde ma distanti dalla mia realtà ( “Beati i poveri in spirito”,  “Beati gli afflitti”, “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia” ) vuoi perché rappresentavano una condizione umana in cui non mi identificavo, vuoi perché le sentivo irraggiungibili ( chi si sente davvero un “puro di cuore”?) e mentre altre le vivevo come obiettivi personali (essere “misericordiosi” o “operatori di pace”), la terza Beatitudine rimaneva per me un mistero da scoprire.

“Beati i miti, perché erediteranno la terra”. (Mt 5,5)

Non solo una questione semantica

Per anni mi sono interrogato sul senso di questa frase. Perché il premio per i miti è la terra, quando tutte le altre Beatitudini strizzano l’occhio al cielo? E soprattutto, chi sono i miti? La lingua italiana non aiuta. Quando ascoltiamo la parola “miti” la prima cosa che ci viene in mente è il plurale di mito. Quindi la nostra mente vaga tra eroi, supereroi, personaggi fantastici e mitologici, oppure le star del momento, fino a quell’amico che ci tira sempre fuori dai guai o quella ragazza che da sempre sogniamo di conquistare (come cantano gli 883 da decenni). Invece i miti del Vangelo sono le persone miti, plurale quindi di “mite”, parola che sembra quasi arcaica rispetto ai giorni nostri.

Quando è stata l’ultima volta che abbiamo usato la parola “mite” riferita a una persona e non al clima?

Purtroppo questo è indice anche del mondo in cui viviamo, dove l’essere uomini straordinari è molto più ricercato dell’essere uomini mansueti. La mitezza, altra parola desueta nella nostra cultura contemporanea, è spesso vista come debolezza, da sfigati. Invece io per indole, educazione, o forse nel tentativo di imitare l’uomo mite per eccellenza, l’”Ecce homo”, mi sono sempre sentito vicino al concetto di mite, alla non violenza, al farsi da parte in alcuni casi, al lasciar emergere gli altri (dopo lunghe battaglie contro orgoglio e amor proprio).

Beati i miti… ma cosa significa essere mite?

Chi sono i miti del nostro tempo? Cosa bisogna fare per essere miti e soprattutto perché c’è tanto bisogno di mitezza? Questi sono alcuni dei quesiti e temi che affronteremo in queste pagine. Senza dimenticarci di infrangere una delle più grandi incomprensioni della storia. Ovvero che essere miti significa lasciar fare agli altri, non prendersi responsabilità, non avere un’idea o non far sentire la propria voce, fino a lasciar decidere agli altri il proprio destino, ciò che è giusto e sbagliato.

NO!

Questo non è essere miti. La goccia è mite. E’ silenziosa. Trasparente. Piccola. Ed è costante. Tenace. Senza paura. E raggiunge l’obiettivo, scava la roccia, crea una strada, porta frutto.

Gandhi. Un mite rivoluzionario. Beati i miti.
Gandhi. Foto di WikiImages da Pixabay

Gesù.

Gandhi.

Martin Luther King.

Madre Teresa.

Beati i miti, sopratutto quelli vicino a noi

Ma anche un sacerdote che tutti i giorni si spende per i suoi parrocchiani; una coppia di sposi che nel tempo libero aiuta i vicini anche se questi continuano ad approfittarsi della loro bontà; un ragazzo che denuncia le azioni dei bulli e sostiene le vittime; un imprenditore che resiste ai licenziamenti suggeritigli dai numeri e dai manager o che si preoccupa delle spese mediche della figlia di due dipendenti; quel tuo amico che insieme ad ex compagni di scuola a fondato un’associazione per aiutare un piccolo villaggio africano in cui si è imbattuto nell’ultima vacanza. Tu, se stai già facendo quello che in fondo il tuo cuore ti ha sempre detto di fare, per gli altri, allora hai iniziato la rivoluzione della mitezza.

33 Supereroi della Repubblica, ovvero belle notizie dall’Italia

Sergio Matterella. Photo by Presidenza della Repubblica, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=69555917

In questi giorni le notizie di cronaca nera e di politica hanno lasciato qualche minuto a una di quelle che mi piace definire “Buone Notizie”. In realtà il nome corretto sarebbe Giornalismo Costruttivo, o in inglese, Solutions Journalism. Per farla semplice, il Giornalismo Costruttivo si preoccupa di raccontare come si possono risolvere e si stanno risolvendo i problemi e le questioni sociali; non si limita a enumerarli come la maggior parte di chi fa giornalismo.

Se siete alla ricerca di Buone Notizie quotidiane potete seguire le buone notizie del Corriere che ospitano al loro interno le pillole del saggio maggiordomo Lloyd (vi consiglio di seguire i suoi post su Facebook, raccolti in un libriccino che può essere un ottimo regalo o un ottimo rifugio, Vita con Lloyd ). Per leggere invece 33 buone notizie in un colpo solo potete continuare sotto.

L’Ordine al Merito della Repubblica

Si, perchè, come dicevo, giornali, telegiornali e web oggi si sono fermati a raccontare del Presidente Mattarella che il 27 dicembre, ricorrenza della promulgazione della Costituzione, ha conferito 33 onoreficenze al Merito della Repubblica Italiana. Se leggiamo la pagina del Quirinale relativa a questo Ordine, troviamo una definizione che sembra lontana dalla nostra quotidianità. Si dice che l’onoreficenza è volta a

“ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari.”


In realtà sono stati premiati uomini e donne che fanno parte del nostro ordinario. Una potrebbe essere tua nonna. Un altro l’allenatore di tuo figlio. Un altro ancora il tuo compagno di università. Potresti essere tu. Potrei essere io.

Dovremmo essere noi a fare ogni giorno, nel nostro piccolo oppure nel nostro grande, qualcosa di simile. Senza pensare che poi riceveremo la medaglia e la nomina a Cavaliere della Repubblica; solo per andare a dormire col sorriso di chi ha contribuito a rendere la sua città o il suo luogo di lavoro, un po’ migliore.

Palazzo del Quirinale. Photo by No machine-readable author provided. MM assumed (based on copyright claims). – No machine-readable source provided. Own work assumed (based on copyright claims)., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=163425

33 personaggi in cerca del Bene

Chi sono e cosa hanno fatto questi “ragazzi della porta accanto” per meritarsi il nostro rispetto? E cosa possiamo imparare da dei Miti Rivoluzionari come loro?

Ho classificato le loro storie secondo il principale ambito dell’impegno sociale su cui sono intervenuti. Riprendendo la rappresentazione del Paradiso Dantesco (non sono forse 33 eroi come i canti del Paradiso?) li ho poi raggruppati nei rispettivi “Cieli”.

Cielo della Solidarietà

In questo Cielo abbiamo Aldo Chiavari, di 76 anni, da Tolentino, Macerata, che ha sostenuto economicamente due dipendenti provati dalla malattia della loro figlia; Roberto Morgantini, di 71 anni, da Bologna, le cui associazioni combattono l’emarginazione sociale e preparano 2800 pasti al mese nelle cucine popolari; Annalisa Ubertoni, di 56 anni, da Treia, Macerata, che ha favorito una politica di convivenza e piena integrazione, anche attraverso l’ospitalità domestica dei migranti.

Abbiamo poi Don Eugenio Reno Zocca, di 75 anni, da Settima di Pescantina, Verona, la cui associazione offre ospitalità ad anziani in condizioni di disagio; Marco Ranieri, di 38 anni, da Bari, che attraverso la sua associazione contribuisce a ridurre lo spreco alimentare tramite lo scambio di cibo e la redistribuzione di ciò che avanza a chi ne ha bisogno.

Cielo del Soccorso

In questo Cielo abbiamo Fabio Caramel, di 26 anni, da Marcon, Venezia, presidente di un’associazione impegnata nel sociale che ha scelto di saltare una partita del campionato per donare il midollo; Vincenzo Castelli, di 63 anni, da Roma, che dopo la morte del figlio ha creato una Fondazione per la divulgazione della cultura del primo soccorso; Mustapha El Aoudi, di 40 anni, da Crotone, venditore ambulante del Marocco che è intervenuto in difesa di una dottoressa violentemente aggredita da un uomo; Carmen Isabel Fernandez Reveles, di 60 anni, da Milano, che opera nel sostegno psicologico per traumi legati a disastri naturali o altri episodi.

Abbiamo poi Claudio Madau, di 37 anni, da Oristano, ideatore di Dottor Libro, la prima rassegna letteraria organizzata negli ospedali per alleviare la condizione gravosa della degenza; l’agente Riccardo Muci, di 31 anni, da Copertina, Lecce, che durante l’incidente sul raccordo autostradale di Casalecchio ha continuato a mettere in sicurezza l’area, anche dopo aver riportato gravi ustioni; Carlo Vettorato, di 71 anni, da Aosta, che ha contribuito alla realizzazione dell’attività di elisoccorso nella sua Regione e alla sensibilizzazione sulla sicurezza in montagna; Massimiliano Sechi, di 32 anni, da Sassari che, costretto sulla sedia a rotelle, diventa campione di videogame e fonda un’associazione per supportare famiglie con disabili. Più recentemente si è fatto anche promotore del progetto “No Excuse” per invitare tutti a “non avere scuse e ad impegnarsi nella società”.

Cielo dell’Inclusione Sociale

In questo Cielo abbiamo Vito Massimo Catania, di 39 anni da Regalbuto, Enna, podista che da alcuni anni ha smesso di gareggiare per mettere a disposizione le sue gambe ai disabili che vogliono vivere l’esperienza della corsa e sensibilizzare sportivi e pubblico sulla vita dei disabili; Maria Rosaria Coppola, di 62 anni, da Napoli, che come molti di noi hanno visto su in video di Novembre diventato virale, ha preso le difese di un ragazzo dello Sri Lanka che veniva attaccato verbalmente in modo razzista da un giovane passeggero del treno.

Abbiamo poi Ilaria Galbusera, di 27 anni, da Bergamo, capitano della Nazionale Femminile Volley sorde che racconta lo sport come strumento di inclusione delle diversità; Iacopo Melio, di 26 anni, da Pisa, che su una sedia a rotelle si batte per progetti inerenti alla disabilità attraverso la sua Onlus #vorreiprendereiltreno; Davide Monticolo, di 45 anni, da Trieste, che ha fondato una Onlus per sostenere, insieme ad altri nomi del Basket, persone con malattie o disabili; Igor Trocchia, 46 anni da Bergamo, che ritira la sua squadra dal torneo dopo gli insulti razzisti a un suo giocatore del Burkina Faso.

Razzismo, no grazie. Photo by Andrea Cesanelli, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49967694

Cielo della Cooperazione Sociale

In questo Cielo abbiamo Maria Tiziana Andriani, di 56 anni, da Roma, che nel 2010 ha fondato una Onlus impegnata nella lotta del cancro in Africa; Irma dall’Armellina, di 93 anni, da Noventa Vicentina, Vicenza, che a Febbraio è partita in Kenya per una missione umanitaria in un orfanotrofio che da sempre aiuta a distanza; suor Elvira Tutolo, di 69 anni, da Termoli, Campobasso, che da più di 25 anni è missionaria in Africa e, più recentemente, ha avviato un centro culturale per bambini e ragazzi di strada della Repubblica Centrafricana e un progetto di formazione spirituale affinché delle coppie possano accoglierli.

Cielo della Tutela ai Minori

In questo Cielo abbiamo Roberto Luigi Giuseppe Crippa, di 51 anni e Luisa Fricchione, di 57 anni, da Tione, Trento, che hanno adottato otto giovani etiopi rimasti orfani a seguito della guerra civile; Germana Giacomelli, di 71 anni, da Craviana, Mantova, conosciuta come la “Grande Madre d’Italia” per aver avuto 121 “figli” (5 suoi, 8 adottati e i restanti provenienti da situazioni familiari complicate, affidati dai Tribunali per Minorenni di Milano, Venezia e Brescia); Nilo Mattugini, di 65 anni e Simonetta Stefanini, di 60 anni, da Lido di Camaiore, Lucca, genitori di una ragazza con disabilità, hanno contribuito alla realizzazione din database di over 50 che possono dedicare tempo ai ragazzi in carico al Servizio Sociale.

Cielo della Promozione della Cultura, della Legalità e della Cosa Pubblica

In questo Cielo abbiamo Antonio La Cava, di 73 anni, da Matera, maestro in pensione che con il suo “bibliomotocarro” porta libri ai bambini delle scuole nei paesi più piccoli e isolati della Basilicata perché crede che è con la lettura che “si trasmetta ai bambini l’importanza della cittadinanza attiva”; Roberta Leporati, di 52 anni, da Martina Franca, Taranto, che da dirigente scolastico ha dato vita a un progetto di avvicinamento agli studenti alla lirica, insieme, tra gli altri, a Katia Ricciarelli; Rossella Tonti, di 51 anni, da Norcia, che da dirigente scolastico nelle aree terremotate si è battuta per garantire le attività scolastiche.

Abbiamo poi Marco Omizzolo, di 43 anni, da Sabaudia, Latina, che oltre a partecipare in associazioni e cooperative che aiutano i migranti, ha raccontato e denunciato il fenomeno del caporalato; Roxana Roman, di 34 anni da Roma, rumena, che non ha avuto paura a denunciare due appartenenti al clan dei Casamonica che avevano aggredito il suo bar; Rebecca Jean Spitzmiller, di 62 anni, da Roma, che dopo essersi messa a pulire le scritte che imbrattavano una zona della Capitale nel 2009, ha poi fondato un’associazione per contrastare il degrado urbano.

Una riflessione inevitabile

Questi sono i 33 Miti Rivoluzionari che hanno saputo trasformare una vita ordinaria con scelte straordinarie. Per gli altri. E noi cosa stiamo aspettando? Quale scelta straordinaria siamo chiamati a compiere oggi?

Il vero Mago Oz, ovvero lo scrittore israeliano Amos

Israele, 28 dicembre 2018

Jerusalem Dome of the rock. Photo by Berthold Werner – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6429995

Il mio incontro con Amos Oz

No, non c’è un errore nel titolo di questo post. L’uomo di cui voglio parlarvi si chiama proprio Oz, non vive ad Oz come il “meraviglioso” personaggio del primo dei 14 romanzi per bambini di Baum, il Mago di OZ appunto. Ne parlo oggi, nel giorno della sua morte, dopo che una serie di ricorrenze mi ha portato a imbattermi in lui. Prima tra le pagine finali di Giuro non avrò più fame, l’interessantissimo libro sulla Ricostruzione dell’Italia del Dopoguerra (“Ti piacerà, spiega perché ti ho sempre detto che il nostro regalo di Natale è stato per anni composto da qualche mandarino e un cavalluccio” ha detto mia madre mentre lo scartavo la notte di Natale – il “cavalluccio” è un dolce natalizio tipico del mio paese). Poi nella notizia della sua morte, apparsa oggi sul mio newsfeed di Facebook.

La notizia di Agi, intitolata “La lezione di pace che Amos Oz ci ha lasciato” era accompagnata da questo testo:

Lo scrittore faceva parte di quella cerchia di intellettuali israeliani, che pur amando il loro Paese, si erano sempre spesi in prima persona per contrastare le politiche del governo nei confronti dei palestinesi.

Amos Oz, il primo Mite Rivoluzionario

Amos Oz. Photo By Michiel Hendryckx – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10833437

Che cosa mi ha colpito in questi giorni dello scrittore israeliano Amos Oz, tanto da convincermi a iniziare il blog dei Miti Rivoluzionari? Lo scrivo partendo dalle parole dell’articolo di Agi.

Un intellettuale impegnato

“lascia un vuoto importante non solo nella letteratura, ma anche nell’impegno pacifista degli artisti”

E’ un esempio di come immagino il ruolo dell’intellettuale engagé, impegnato che non si limita a produrre opere nel suo campo ma con dedizione si preoccupa di fornire al popolo una chiave di lettura sui fatti presenti (“Credo nella letteratura come ponte tra i popoli”, dirà Oz). Anche se in un’intervista non si dichiara rivoluzionario, né vuol parlare del ruolo sociale dello scrittore, Oz riconosce allo scrittore il compito di raccontare (riprendendo un’immagine di Kant approfondita da Isaiah Berlin) tutte le imperfezioni di quel “legno storto” che è l’uomo, per incontrare l’altro a metà strada.

Contro lo status quo

artisti che come lui hanno apertamente criticato il loro Paese, Israele, pur rimanendo fedeli alle proprie radici”

E’ un esempio di come si può non essere d’accordo con le autorità (tra cui il padre, al punto da cambiare il cognome in Oz, “Forza”, in ebraico – alla nascita si chiamava Amos Klausner) e la politica della propria classe dirigente e decidere di restare in un contesto poco favorevole per contribuire al cambiamento. Un contesto che racconta nel suo romanzo più famoso, Una storia di amore e di tenebra dove, partendo dalla sua storia familiare, ci restituisce una descrizione epica di Gerusalemme, di Tel Aviv e della vita nei kibbutz (e che presto farà parte della mia libreria personale).

Si vince solo con la Pace

“un impegno contro la violenza e per una soluzione pacifica e negoziata del conflitto infinito”

E’ un esempio di chi ha capito che l’unica arma possibile per la pace è la non violenza, anche e soprattutto in situazioni dove la polvere da sparo ha da tempo sostituito l’inchiostro del confronto costruttivo. Oz è stato infatti anche il fondatore del movimento Peace Now, Pace Adesso. [N.d.A. Singolare che questo cammino dei Miti Rivoluzionari cominci proprio con un narratore del conflitto israelo-palestinese, considerando che il mio personale risveglio politico ha nei capitoli della sua Genesi proprio una simulazione di dialogo tra Palestina e Israele avvenuta nel 2005, in cui il mio ruolo era quello di segretario dell’ONU e che ho voluto recuperare più avanti con l’ormai introvabile libro di simulazioni “Costruire una pace” del Consensus Building Institute.]

Jerusalem Sunset, View from the Mount of Olives. Photo by Mujaddara [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

Immaginarsi nel prossimo

“Credo che la capacità di immaginare il prossimo sia un modo di immunizzarsi contro il fanatismo. La capacità di immaginare il vostro vicino non solo rende l’uomo più efficace e un amante migliore, ma lo rende anche una persona umana”

E’ un esempio di chi ha riconosciuto due delle strade più importanti verso la realizzazione di un mondo migliore.

La strada dell’immaginazione, che è anche la strada di chi ha occhi da bambino, di chi non si limita a guardare a quello che è e che è sempre stato, ma si libera e guarda oltre, a quello che può essere. La stessa immaginazione su cui voleva far leva chi scriveva sui muri “Sous les pavés, la plage” , ovvero “Sotto i ciottoli della strada, la spiaggia”. Con questo slogan, uno dei più famosi del ‘68 francese, si invitava la popolazione a rimuovere i ciottoli che compongono la pavimentazione delle strade (per tirarli poi contro la polizia nazionale nel fronteggiarsi delle barricate, ça va sans dire) alla ricerca e alla conquista di un futuro in cui si vive con la stessa felicità che si aveva, bambini, nel giocare sulla sabbia del mare.

E la strada di chi pensa al prossimo, in generale, ricordando che nessun uomo deve essere un’isola e, nello specifico, di chi ne coglie il punto di vista per capire le ragioni più profonde delle azioni altrui; di chi si è strappato il paraocchi dell’egoismo e si sforza di farsi ogni giorno “prossimo”, come insegna il samaritano della parabola evangelica. Non tanto perché in futuro potremmo essere noi ad aver bisogno di aiuto, quanto perché consapevoli che siamo tutti membra di uno stesso corpo, l’umanità, che porta tutte le membra a soffrire quando un membro soffre e gioire quando un membro è nella gioia.

L’uomo giusto…

Credo sia quindi il giusto personaggio e il giusto giorno per iniziare a scrivere dei Miti Rivoluzionari. E’ vero, ho imparato che scavando nel passato di chiunque ci si imbatte inevitabilmente in qualcosa con cui non essere d’accordo. Ad esempio Ansa riporta che Oz aveva ipotizzato la necessità di somministrare un esame ai cittadini prima di permettere loro di esercitare il proprio diritto di voto – ci avete pensato almeno una volta anche voi? avete anche pensato che un diritto non può essere condizionato o questa ipotesi continua a restare per voi valutabile? A volte ci si imbatte in qualcosa di altamente criticabile. Tuttavia, da quanto letto in questi giorni riconosco che Oz è il personaggio giusto perché c’è molto da imparare e imitare dalla sua storia; un vero “mago” dei nostri tempi, con poteri veri e una voce vera, non come il sedicente mago ventriloquo del paese di Oz.

…nel giorno giusto!

Il giusto giorno perché oggi 28 dicembre ricorre il ricordo dei Santi Innocenti morti per mano di Erode al tempo di Gesù Bambino. Un passo del Vangelo, questo, che ci riporta a tutti i piccoli innocenti vittime delle ingiustizie locali e globali, e che dovremmo sempre tenere a mente ogni volta che dobbiamo scegliere tra:

  • compiere un’azione di evidente violenza o che rischia di essere tale;
  • non fare nulla, lasciando che le ingiustizie si perpetuino e che chi ha bisogno di aiuto non ottenga la nostra solidarietà. Come nelle pagine di Moby Dick, capolavoro a mio avviso troppo poco studiato, quando Achab, affetto dalla sua monomania per la caccia alla balena bianca, si rifiuta di aiutare il capitano della baleniera Rachele che, citando il Vangelo, “piange i suoi figli perché non son più”;
  • oppure essere e agire da Mite Rivoluzionario.

Una scelta, quest’ultima, presa dai 33 eroi del nostro tempo, premiati dal Presidente Mattarella con l’onoreficenza al Merito della Repubblica Italiana. Qui puoi leggerne il mio racconto.